Manifestazione nazionale dei precari della ricerca sotto al Ministero dell'Economia.
Pulman da Bologna INFO tel. 3206914118
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Venerdì 11 Maggio i precari delle università e degli enti di ricerca scendono in piazza a Roma, per denunciare le false promesse del governo Prodi, i tagli alla ricerca pubblica, la mancata assunzione di migliaia di ricercatori precari.
Lo stesso giorno i Cobas della scuola scioperano per il loro contratto, contro i tagli all’istruzione pubblica e i meccanismi di privatizzazione, per la difesa del tempo pieno, per l’assunzione in ruolo di tutti i precari, per l’abrogazione delle riforme Moratti.
Come studenti universitari vogliamo dare il nostro contributo a questa importante giornata di lotta del mondo dell’istruzione e della ricerca. Pur in un momento di oggettiva difficoltà nelle mobilitazioni, riteniamo indispensabile un lavoro costante di controinformazione e di denuncia dell’operato del governo.
La finanziaria 2007 ha previsto tagli all’istruzione e alla ricerca talmente devastanti da portare nel giro di pochi mesi al ritorno in piazza del popolo delle scuole elementari in difesa del tempo pieno, oltre alle solite pantomime dei rettori che ormai periodicamente annunciano il collasso finanziario degli atenei, salvo riuscire puntualmente a trovare sempre i soldi per gli stipendi dei baroni e per gli appalti alle aziende “amiche” e mai per la didattica e il diritto allo studio.
La tanto sbandierata “assunzione di decine di migliaia di precari” si è presto rivelata una farsa, tanto che alla campagna di stabilizzazione promossa dalla Rete Nazionale Ricercatori Precari gli atenei stanno già rispondendo negativamente, mentre le liste di precari della scuola continuano ad allungarsi.
Nel frattempo sembra si stia avviando una fase di reali trasformazioni a quel sistema del 3+2 che da anni condiziona quotidianamente le nostre vite di studenti. La riduzione del numero degli esami e il ribaltamento dell’assurda piramide tra lauree brevi e specialistiche (meno corsi triennali e più corsi specialistici), comporteranno presumibilmente una razionalizzazione del 3+2 (peraltro richiesta da anni dallo stesso corpo accademico) e qualche effettivo miglioramento nell’offerta didattica.
Ma i rovesci della medaglia sono numerosi. La riduzione del numero degli esami comporta spesso l’accorpamento solo formale di due corsi senza reali modifiche nell’approccio didattico che resta frammentario e nozionistico. I numeri chiusi sia per le triennali che per le specialistiche sono sempre più diffusi e il governo lavora addirittura per renderli istituzionalmente obbligatori. Il diritto allo studio per gli studenti provenienti dalle classi sociali più deboli continua a non essere garantito, e anzi si inseriscono sempre maggiori elementi di meritocrazia e di selezione. La libertà di scelta degli esami e di autogestione del proprio percorso formativo resta minima.
Per questo crediamo sia necessario tornare a parlare di università. Di didattica e di diritto allo studio. Ripartendo dalla nostra vita quotidiana nelle facoltà e nei dipartimenti. Cercando di cogliere i meccanismi di trasformazione e di non arroccarsi su posizioni ormai superate dagli eventi, ma allo stesso tempo di non rinunciare a battaglie che erano e restano imprescindibili.
L’11 Maggio può essere un primo, piccolo ma significativo passo in questa direzione. Può essere un momento di unità del mondo della scuola, dell’università e della ricerca. Costruiamolo insieme.